SS. Nome di Gesù ai Bassi

10 Novembre 2015

MARTEDI’ 10 NOVEMBRE

Nessuna particolare attesa, piuttosto un certo fastidio per tutta la preparazione, le liste, i biglietti, le liste supplementari, gli abbinamenti, i ripensamenti, cancellazioni e sostituzioni, le richieste dell’ultimo minuto, le telefonate in Curia e poi le domande a cui non sai rispondere: quali strade saranno chiuse? Da che ora? Ma le sembra giusto blindare una città?

Basta, ho deciso: dal Papa non ci vò! Il Parroco del territorio dove si svolgerà l’evento non ci sarà.

Finalmente arriva martedì, giornata mite di questa lunga estate di san Martino. Dopo la messa delle 8, particolarmente scarsa di popolo, mi lascio vincere dalla curiosità e faccio un giretto: osservo i volontari, le forze dell’ordine, la protezione civile … tutti conversano amabilmente nelle strade senza auto, mentre sui maxi schermi del Ridolfi scorrono le immagini del Papa a Prato, immagini di contentezza, sua e della gente. Giungo là dove c’è più folla perché da qui uscirà l’auto col Papa, qualcuno mi saluta e si fan due chiacchere. Rientro in canonica e sento il rombo dell’elicottero, accendo il computer per seguire la diretta vaticana.

Nessuno mi cerca e posso seguire il discorso in Duomo.  La terza testimonianza introduttiva è quella di don BIedar, che fu accolto proprio qui a san Gervasio più di venti anni anni fa, minorenne albanese clandestino. Poi il grande discorso che ho seguito con una sola, brevissima, interruzione per cause pastorali. Questo Papa riesce a bendispormi.  Certo un discorso ricco di contenuti e di suggestioni che però fan tutt’uno con l’espressione del volto e il movimento degli occhi, un mix di logica e espressione, di pause opportune e di tono della voce, di registri intensi e dolci. Mi domando se abbia fatto studi di comunicazione o se tutto gli venga naturale. Ormai son catturato e i passaggi e le idee del discorso del Papa cominciano a girarmi nella testa.  Il fastidio della settimana ormai è svanito!

Cosi mi decido per  un nuovo giretto pomeridiano prima che inizi la messa allo stadio. Il tempo si è ancor più rasserenato e si può stare in maniche di camicia, i viali son pieni di gente rilassata. Incredibile, c’è una serenità contagiosa! Giro largo sui viali e quando giungo sul viale Paoli, ecco le moto che annunciano il passaggio. Cosi mi metto alle transenne, in mezzo a due mamme con i loro neonati.

Il Papa è in piena luce, luce obliqua e dorata, lui stesso luminoso nell’espressione degli occhi. Sono rientrato appieno nella tifoseria! Rincaso veloce per seguire in diretta TV, Francesco appare affaticato, col passo più claudicante, ma ancor più amabile, come la luce d’oro sulle colline. AI Ridolfi prima di risalire in elicottero, sembra spossato, con braccio pesantissimo che può solo accennare un saluto.

Il senso di gioia mi lascia questa giornata e mi vien spontanea una preghiera “pro summo pootifice”.

Mi trattengo dal tessere l’elogio di Francesco, perché so bene che non bisogna santificare nessuno prima della morte. Tuttavia vorrei cantare la bellezza di quella trasmissione di gioia e fiducia che riesce a generare. Sono certo che viene dalla dura disciplina gesuitica, dove ciò che sembra spontaneo è frutto di un rigoroso lavoro su se stessi. Esigentissimo e controllatissimo. Sappiamo qualcosa dei suoi orari precisi sui quali scandisce la giornata, della sveglia puntuale alle 4,30, dei suo radersi due volte al giorno perché la barba non punga i bambini, e possiamo indovinare che tipo di fatica deve esserci dietro quel  contagio di gioia e di serenità che anche io ho potuto sperimentare. S’intravede un segreto che non può essere svelato, il segreto di un misterioso dialogo con Colui che se, liberamente e per amore, può disporre della nostra vita, ne fa una benedizione per gli altri.

Si, grazie Papa Francesco, di ciò che hai permesso a Gesù di fare con te. Ci ritroviamo appieno nelle ultime parole di don Bledar: ti vogliamo tanto bene!

Don Alessandro

(10 novembre 2015)